E mi l’amore me andò via dal culo

Il Teatro a l’Avogaria e la Scuola Giovanni Poli presentano

venerdì 20 e sabato 21 maggio 2011, ore 21
e domenica 22 maggio 2011, ore 17

E MI L’AMORE ME ANDÒ VIA DAL CULO

da Ruzante e Anonimi Patavini

regia di Paolo Bertinato

con gli allievi della Scuola Giovanni Poli
Davide Ciani, Ketty Montagner, Nicolò Rossi, Margherita Sartor, Chiara Torricelli,
Gianni Verlato, Francesco Viglione, Andrea Zanforlin, Eleonora Zuani


Sono passati giusto quarant’anni da L’alfabeto dei villani di Giovanni Poli, creato nel 1971, nel periodo forse più fortunato dell’interesse teatrale e critico per l’opera di Angelo Beolco detto il Ruzante. Lo spettacolo – tra i primi e più importanti dell’Avogaria – si applicava soprattutto agli autori minori “pavani” che circondavano, prima e dopo, il massimo drammaturgo del Cinquecento italiano: scrittori nel dialetto rustico della campagna padovana, duro, difficile ed altamente espressivo, che segna una delle pagine più significative della storia del teatro italiano. Poli mirava allora, nello spirito di quegli anni, ad unire a questi temi l’impianto di un teatro corale che egli andava proprio allora sperimentando, e che ha costituito certamente il patrimonio espressivo e il riferimento ideale dell’esperienza dell’Avogaria. “Lo spettacolo si propone di delineare la figura umana e morale del contadino veneto in un’epoca di grandi calamità naturali, politiche e militari, i suoi problemi religiosi e sociali e la sua concezione dell’amore”, si legge nelle prime righe del programma di sala originale.

Il saggio che gli allievi del corso 2010-2011 presentano prende spunto da alcune sequenze dell’Alfabeto, costruite da Poli nella riduzione teatrale e nel montaggio di testi pavani che precedono di alcuni decenni le prime opere di Ruzante, come la trasformazione in invettiva o in un gioco corale, appunto, di un “alfabeto” che elenca – richiamandole lettera per lettera – gli elementi della condizione di sopraffazione ed esclusione del contadino; il cosiddetto “pianto di Tamìa” che intreccia la parodia di un lamento funebre a una scena centrale de La Betìa, una delle prime commedie, in versi, del giovane Ruzante; alla riduzione di uno dei mariazi che ci sono giunti dalla produzione del primo cinquecento in pavano, dispute comiche costruite intorno a una situazione matrimoniale.

Con uno scarto considerevole, rispetto alla forma di reinvenzione corale dei pezzi tratti dall’Alfabeto, gli allievi si cimentano inoltre con uno dei testi brevi in assoluto più rappresentativi della storia teatrale di Ruzante: il Parlamento de Ruzante che jera vegnù de campo, noto anche col titolo moderno de Il reduce. Capolavoro concentratissimo sulle fisionomie di soli tre personaggi,: un contadino che torna lacero e affamato da una guerra che non gli appartiene; il compare che gli fa da spalla e gli permette di raccontare la sua storia; la moglie Gnùa, passata dalle campagne a Venezia – anzi “le Veniesie”, come dice il contadino nominando il luogo al principio – per vincere la fame prostituendosi. Questo “dialogo” viene, dunque, proposto nella sua integrità e costituisce un cimento certo difficile e impegnativo ed è sembrato utile e interessante, per gli allievi che si misurano per la prima volta con questo repertorio, racchiudere in un’unica presentazione un “saggio” che guarda insieme alla dimensione corale e a quella individuale dei personaggi scolpiti a tutto tondo.

Prenotazioni
041.0991967 | 041.5206130 | 335.372889
avogaria@gmail.com

Categorie: Spettacoli