Il servitore di due padroni

di Carlo Goldoni

uno spettacolo ideato e costruito da Antonella Zaggia e Piermario Vescovo

con Linda Bobbo, Maria Ghelfi, Valentina Recchia, Marika Tesser, Antonella Zaggia

aiuto regia di Michela Degano

Il “Teatro dell’orso in peata” di Venezia affronta nei termini consueti alla sua esperienza, ormai ventennale, Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni”. Un Servitore appunto per baracca e burattini, con una compagnia composta da cinque donne, tentandone una versione “da camera”, con ambizioni di rappresentazione “in scala”. Soprattutto con l’idea di sfuggire allo stereotipo del confronto o della rievocazione della Commedia dell’Arte, sperando che quanto è impossibile al teatro di regia con uomini e donne sia consentito a un mezzo diverso, soprattutto più artigianale, come il “teatro di figura”, anche se in una versione fortemente contaminata dalla presenza e dall’azione umana “a vista” come nella nostra pratica.

La pretesa è di riscoprire qualcosa della commedia goldoniana, soprattutto della sua “meccanica” scenica ad orologeria, che si sostanzia qui in una “macchina” che contiene lo spettacolo. Una “macchina” che si assume il ruolo di contenere e generare spazi, luoghi e, soprattutto, il vorticoso procedere dell’azione fino all’invenzione con cui Goldoni aveva completato il disegno originale dell’antiquario francese, Jean-Pierre des Ours de Mandajors, autore del canovaccio di partenza per la Comédie italienne di Parigi. L’invenzione, appunto, di un complicatissimo servizio di Truffaldino, in contemporanea, ai tavoli in cui pranzano separatamente i suoi due padroni, di cui ciascuno non sa nulla dell’altro.

Più che a un’esile trama per imbandire lazzi e improvvisazioni, il Servitore di due padroni ci è sembrato, mettendoci mano, una raccolta di cover, quelle canzoni che tutti conoscono, che gli interpreti, e non solo i grandi, provano a reinterpretare (e che magari colmano la misura dell’attenzione e del successo nei momenti di crisi di ispirazione e di novità). Se ne era accorto, ascoltandone la musica, nientemeno che Mozart, che racconta al padre in una lettera del febbraio 1783 l’idea, anzi il progetto, di scrivere un’opera, trasformando in libretto la commedia di Goldoni, che si era incaricato di far tradurre in tedesco per l’occasione.

Al Teatro a l'Avogaria
sabato 28 dicembre 2013, ore 21
domenica 29 dicembre 2013, ore 18,30

Prenotazioni
prenotazioni@teatro-avogaria.it
041.5285711 | 335.372889

Categorie: Spettacoli